BASTA MORTI SUL LAVORO!
Ieri ennesimo incidente mortale sul lavoro, questa volta nel nostro comprensorio. Non ci accodiamo alla inutile retorica che spesso segue questi tragici eventi, a volte addirittura da parte di chi ha contribuito
all’imbarbarimento del mondo del lavoro.
Chi ha tolto risorse a chi deve controllare, chi ha creato differenze di diritto tra generazioni, tra lavoratori interni ed in appalto, chi insomma ha reso sempre più precario e inevitabilmente più pericoloso lavorare.
Esprimiamo le più sentite condoglianze ai familiari di Guerino Elia che a soli quarantasei anni lascia la moglie e tre figli.
La 67ª GIORNATA NAZIONALE PER LE VITTIME DEL LAVORO arriva pochi giorni dopo l’ennesimo infortunio sul lavoro che ha colpito il nostro territorio. E una occasione per aprire alcune riflessioni su questo tema e per non relegare la morte di Guerino Elia (46 anni) a mero elemento statistico, utile a certificare soltanto la costante crescita infortunistica del 2017 (+5,2% il dato più alto degli ultimi 25 anni).
Partiamo allora dalla lettura più immediata e semplicistica che viene data a questo fenomeno, quella ciò di un aumento correlato a quello occupazionale. Dato molto parziale se si omette la verifica più importante: le morti sul posto di lavoro per ogni milione di occupati. Nei primi sette mesi del 2016 (dati Osservatorio sicurezza sul lavoro Vega Engineering), le morti erano 18,6 per ogni milione di lavoratori. Nello stesso periodo di quest’anno sono salite a 19,2. Questo significa che gli infortuni mortali crescono anche a prescindere dalla ripresa, vera o fasulla che sia. Un altro elemento significativo è la stessa Inail a fornircelo: l’età sempre più avanzata per effetto delle riforme pensionistiche. Quest’anno gli over 60 hanno subìto duemila infortuni in più e il 2% in più di morti sul lavoro. Non occorre essere grandi esperti sul tema per capire che con l’aumento dell’età lavorativa, i riflessi e la lucidità diminuiscono e i rischi aumentano. Altro elemento che denunciamo da sempre è quellao relativo ai controlli da parte degli Organismi di Vigilanza: sempre più ridotti e spesso “annunciati”. A tutto questo occorre aggiungere la condizione di ricattabilità accresciuta dal Jobs Act, denunciata da molti lavoratori che si occupano della sicurezza e messi nella condizione di non poter operare attraverso ricatti più o meno velati. Nei mesi scorsi abbiamo proposto l’adozione nell’empolese valdelsa di un nuovo protocollo sugli appalti, mettendo in evidenza i rischi connessi al modello del massimo ribasso e ai conseguenti tagli di paghe e sicurezza. Purtroppo le risposte sono state insufficienti o, come accaduto pochi giorni fa per una analoga richiesta fatta al comune di Castelfiorentino, improntate alla più assoluta indifferenza.
Per finire, vorremmo porre l’accento sulla necessità di un ente pubblico in grado di registrare la totalità degli infortunati, e non solo quelli iscritti all’Inail. Occorre cioè arrivare ad un riconoscimento di quel 35-40% non iscritto all’Inail o in nero. L’esempio più lampante sono i pensionati schiacciati dai trattori in campagna. Sono già 105 dall’inizio dell’anno, ma ufficialmente inesistenti.
Non vogliamo entrare nel merito di quello che è successo giovedì nel capannone della Unilabel, ci penseranno le inchieste dell’ ASL e della magistratura. Vogliamo però ricordare un passaggio del nostro libro “La morte operaia non costituisce reato”: “Un tempo li chiamavano omicidi bianchi per evidenziare che quando si muore sul lavoro non c’è fatalità o casualità che tenga. Si muore perchè il lavoro è ridotto a pura variabile d’ impresa, perchè il profitto, il culto del mercato e del successo economico sono assunti come principi cardine della società”.
Cobas Empoli-Valdelsa aderente alla Confederazione Cobas del Lavoro privato
Comunità in Resistenza/CSA Intifada